domenica 27 novembre 2011

Scrivere a qualcuno

Scrivere di qualcuno è complesso, scrivere per qualcuno è faticoso, scrivere a qualcuno è sentimento. Scrivo a qualcuno molto raramente, ma è li che trovo la maggior soddisfazione perchè riesco a togliere il muro che separa la mia anima dalla mia penna. Che complicato che sono eppure non saprei essere diverso, anche se il mondo non mi conosce per quello che sono. Conoscevo un saggio che si faceva chiamare l'uomo che cerca, io cerco , o meglio ho cercato e adesso che ho trovato scrivo a qualcuno, a qualcuno che ho trovato e che profondamente mi ha cambiato. Che aggiungere, niente altro, ho scritto anche troppo in prima persona. Tu sai che parlo di te e che scrivo solo a te.

lunedì 17 ottobre 2011

Roma in fiamme, cui prodest?

Roma è stata violentata per l'ennesima volta e chi scrive, pur essedosi al momento ritirato dalla scrittura, non ha potuto fare a meno di dedicare una riflessione sui fatti occorsi nelle scorse ore. Una manifestazione preannunciatasi pacifica si è tramutata in una vera e propria bolgia fatta di fiamme, sanpietrini e teste spaccate, mentre la capitale del mondo occidentale veniva violentata ancora e poi ancora senza che nessuno battesse ciglio, senza che nessuno si sia minimamente preoccupato di prevenire i danni che una manifestazione "pacifica" come quella di ieri sanno portare. Dopo questa brevissima e non nuova cronaca di quanto occorso, è assolutamente necessaria una riflessione sulle reali cause dell'accaduto; purtroppo si è consapevoli di cadere nella dietrologia e nel complottismo, ma certe affermazioni, certe facce di cera, le solite opinioni funeree dei nostri politici possono condurre solo a pensar male. Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, dall'alto del suo scranno di capo delle banche di tutta Italia si affretta a sostenere la manifestazione degli indignati ritenendola legittima e portatrice di idee nuove ed innovative, una affermazione strana sapendo che gli "indignati" sono accaniti oppositori di signoraggio, debito, e finanza, insomma tutto ciò che il Dott. Draghi rappresenta con la sua persona ed il suo ruolo istituzionale. Lo stupore iniziale ed artificioso delle precedenti affermazioni draghiane, volutamente nebuloso si dissipa in una chiara analisi quando un gruppo organizzato di scalmanati trasforma la sfilata del popolo incavolato in una guerra di strada combattuta senza esclusione di colpi. Cui prodest? Ai signori draghi, ai banchieri e finanzieri, che sono riusciti a delegittimare una manifestazione sostenedola. Non so se gli anarco-insurreionalisti, black-block, anarchici o casinisti vari siano stati prezzolati dalle grandi lobbies finanziarie e bancarie, ma una cosa è certa distruggendo le vetrine degli istituti di credito, attaccando i simboli della finanza, hanno legittimato lo sdegno di coloro che vogliono a tutti i costi dimostrare la mancanza di dignità delle manifestazioni popolari. In sintesi vi sosteniamo cari indignati, ma siccome schierate tra le vostre fila i facinorosi distruttori allora siete complici e NOI i signori della finanza siamo sempre le povere vittime di una incompiuta democrazia liberale di cui siamo gli unici strenui baluardi e difensori. Nota di colore per sdrammatizzae, secondo l'opinione di voi che leggete, i negozianti, i proprietari di auto, il comune di Roma e gli altri danneggiati a chi chiederanno IN PRESTITO i soldi per pagare i costi del disastro delle scorse ore? Evviva le liberal democrazie bancario massoniche.

giovedì 29 settembre 2011

Scrivo ergo sum

Già ho avuto modo di evidenziare quanto ardua sia l'arte o la scelta dello scrivere, chi la fa sa di imbattersi in una lotta dura prima con se stessi e poi con chi leggerà quanto scritto. La lotta di ci si parla è una sfida di volontà, quella propria dell'anima che spinge verso l'espressione, la diffusione del pensiero, contro la riottosità del corpo, gli occhi si stancano, le dita scorrono macchinose sui tasti, la mano duole a tener la penna, insomma tutta una serie di fastidiose senzazioni che fanno della scrittura un eveto di disagio.
A fronte di ciò la soddisfazione estrema dopo lo sforzo nel vedere materializzate sul bianco della carta, su di un monitor, o anche soltanto sulla superficie di un biglietto i frutti più o meno saporiti del travaglio interiore che spinge a scrivere.
Chi non soffre, chi non ritiene la scrittura un metaforico parto, non solo non sa scrivere, ma non sa nemmeno apprezzare la scrittura altrui e quindi in fondo non sa leggere, non sa leggere la carta ed i cuori, non sa apprezzare i momenti intensi dell'accarezzare quello spazio etereo in cui le parole si confondono col pensiero.

giovedì 18 agosto 2011

Un inganno di mezza estate.

A mezza estate si riflette e ci si inganna, ecco che scrivendo si comprende questo, di vivere in un grande inganno, non si cerca la causa di questa mistificazione incause terza, ma la si cerca in se, la colpa degli inganni è infatti sempre di chi li subisce, consapevole vittima di un suicidio nascosto dietro l'alibi dell'altrui colpa.Siamo abituati ad ingannare per primi noi stessi,siamo abituati a mentire alla nostra anima ed in questa situazione di precarietà iniziamo a mentire al mondo intero.D'altronde chi siamo noi per poter rinunciare a cotanta verità, persino Gesù Cristo cadde in tale condizione, persino il Figlio di Dio consapevole della sua fine tentò di superare tale condizione, per poi aprire gli occhi e chiedere al Padre di allontanare dal suo cuore il calice amaro della paura. Maledetta paura di soffrire che ci fa precipitare nell'inganno, come un cane che rincorre la propria coda, quasi fosse una cura ed invece non è altro che una droga nella quale troviamo unicamente una folle dipendenza.

martedì 2 agosto 2011

L'oscurità della passione.

Le passioni sono qualcosa di pericoloso, di impulsivo, di impellente e quindi nettamente opposte a qualsiasi genere di ragionamento. La passione sportiva ci fa allenare in palestra o al parco senza sosta, ma porta alcune teste di legno a picchiare a morte altri individui in uno stadio. La passione politica porta a perorare giuste cause senza timore alcuno di rappresaglie partigiane, ma tanta vis alle volte causa incredibili tragedie che si chiamano guerre, ipse dixit "la politica fatta con altri mezzi". La passione d'amore incendia i cuori degli adolescenti, ma ottenebra la mente degli stalker di professione e non. Insomma ogni attività appassionata dell'uomo nasconde nel suo intimo un bianco ed un nero che alle volte si distinguono nettamente ed in altre circostanze rimangono invece frammischiati in grigi infiniti dove l'anima si perde disperando di poterne uscire. Le secche della passione invischiano l'intelletto fino alla perdita della ragione, la navicella della indefettibile inntelligenza umana è superata dai palpiti del sangue nelle arterie e l'uomo coscientemente guidato da un io incosciente naufraga "dolcemente in un leopardiano mare" Sì perchè il vero colore della passsione non è il rosso come comunemente si pensa, cromaticamente la passione ha il gusto dello scuro che col tempo annebbia la vista ed ottenebra i sensi, rallenta i riflessi fino a farli scomparire, mentre chi ne è colmo pensa di dominare se stesso ed il mondo, quando nella realtà l'individuo diviene solo un burattino nelle mani del proprio infelice cuore. Gli antichi ritenevano il cuore fosse la vera sede dellì'intelligenza, forse avevano compreso più e meglio di noi che nel cuore risiede il segreto della lucidità, un cuore libero consente alla mente di lavorare, un cuore appassionata frena l'intelletto e progressivamente dà spazio ad incomprensibili ed imponderabili scelte.

martedì 26 luglio 2011

Pensando qui e li

Quando non sai cosa fare, la cosa più semplice è non agire, quando non sai cosa dire la cosa più saggia è tacere, quando tutti dicono male di te la scelta migliore è non dire degli altri. Vivi in difesa, ma non in attesa, nei momenti della difficoltà, vedrai che sarai adeguatamente ripagato. Non temere il tempo che scorre se sei al sicuro delle tue certezze, quel tempo è tutto a tuo vantaggio, se invece ti trovi allo scoprerto, se la tua fortezza interiore vacilla allora non hai tempo, devi agire, senza avventatezza, ma in maniera ponderata, lentamente e sempre ascoltando il tuo respiro, non consentire ai tuoi pensieri di correre più rapidi del tuo diaframma, ma adeguali al ritmo vitale che spira dentro, sarai in pace con te stesso e affronterai senza affanni le naturali difficoltà del quotidiano.
Non temere di essere sconfitto fa parte della vita, temi solo di perdere la dignità in quella circostanza non godresti delle gloria che nasce nella memoria. Che tu vinca o perda poco importa, l'importante è che tu riesca a mantenere saldo l'onore. Va e non ti guardare indietro, il mondo così sarà tuo.

mercoledì 15 giugno 2011

Chiedere scusa

Alle volte ti senti inadeguato,fuori luogo, circondato da persone poco leali ed assolutamente prive di valori e moralità, la solitudine dei sentimenti, la mancanza di attaccamento a quei valori condivisi per i quali avrEsti perso la vita e che oggi ti accorgi essere stati il frutto di una povera giovenil fantasia. Guadagni, posti al sole, compromesi e ruberie hanno infangato le coscienze più della terra bagnata di trincea. L'unto delle ladrerie insozza gli animi ancor più del sangue di giovani valorosi che in tempi ormai lontani combatterono affinchè tutti noi potessimo sporcare di letame le loro tombe e la loro memoria. Mi sento inadeguato, non ce la faccio a preservare la mia integrità morale guidando follemente contromano, ho già sbattuto più volte, non ho più il mezzo di locomozione, mi guardo attorno e mi sento inadeguato, mentre una calda lacrima mi solca il cuore, un cuore pietrificato dal cinico utilitarismo con cui il mondo che mi circonda sfrutta fino all'ultimo grammo quanto di bello, glorioso, e dignitoso ha distrutto per propri interessi infami. Comandano truppe di cartone, spostano su finte zone di operazione carri armati che non esistono, richiedono concorsi di eserciti non più amici, decidono lo sbaraglio e non rischiano dolorose, ma necessarie riforme, in tutto questo mi sento inadeguato, imbrigliato in un limbo di burocrati che se ne fregano della vita umana e della dignità, che hanno ucciso sull'altare dei propri comodi l'onore ed i fasti di un mondo in cui pensano di essere a casa, ma del quale non conoscono nulla se non gli ambiti angusti e maleodoranti delle loro deplorevoli azioni. Io mi sento sempre più inadeguato e non posso fare altro che chiedere SCUSA!

domenica 12 giugno 2011

Perchè sono andato a votare pur ritenendo il voto un gioco cartaceo

Il tam-tam referendario pare stia portando i suoi frutti, forse quest'oggi o domani al massimo (13.06.2011) la tornata referendaria potrà finalmene dirsi efficace, non importa se vinceranno i Si o i No, l'importante è che vinca la democrazia, intesa come evento partecipativo di una intera comunità. E' un assoluto paradosso il fatto che una intera Nazione insorga quotidianamente contro la propria classe politica per poi fallire nel momento in cui le si dà la possibilità di esprimersi, la cosa è tanto assurda quanto purtroppo pesantemente connaturata nello spirito degli individui. La delega, lo spostamento delle responsabilità, la mancata espressione sono tutte forme di pigrizia prima di tutto intellettuale e poi fisica. Non va a votare chi non intende trovare la scheda elettorale sepolta chissà dove, non va a votare chi non ha rinnovato i documenti di riconoscimento, perchè tanto: "che ci devo fare". Non va a votare chi preferisce le panciolle casalinghe o la sabbia appiccicosa di un sonnacchioso pomeriggio al mare, insomma non vanno a votare tutti coloro i quali gradiscono l'inerzia all'azione. Lungi dallo scrivente pensare che il voto abbia una intrinseca efficacia nella risoluzione dei problemi quotidiani dei cittadini, peraltro il sistema referendario italiano è tanto macchinoso quanto assolutamente inefficace, poichè le abrogazioni o le proposte votate necessitano comunque di un parallelo iter legislativo che rende carta straccia l'opinione dei cittadini. Si ritiene tuttavia che l'esercizio elettorale dia un senso di disciplina al singolo ed alla comunità, fornisca gli strumenti dell'autoeducazione e della stoica abilità di superare istinti e pulsioni a favore di costumi più idonei ad una società organizzata. Si ribadisce per l'ennesima volta non occorre dire Si o No, occorre trasformare la parola in azione, pur consapevoli della inefficacia di questa, ma pursempre una azione pilotata dalla coscienza e dall'intelletto di ciascuno, una azione logica e quindi in se stessa una azione sociale e politica.

giovedì 26 maggio 2011

La borghesia che non c'è più.

L’orgia mediatica sollevatasi con la campagna elettorale volge ormai alla sua naturale conclusione, tra poche ore si apriranno le urne e le bocche si cuciranno quasi che quegli scatoloni bianchi colmi di carta colorata abbiano la facoltà, essi soli, di zittire chi per mestiere o incapacità è portato a parlare troppo. Si vuole tuttavia anticipare di qualche giorno la riflessione pre-elettorale dando ad essa un respiro più ampio, come meritano tutte le cose della politica. Milano e Napoli pur essendo due realtà completamente differenti hanno dimostrato di possedere un elemento in comune, o meglio un comune assente, capace di mettere in profonda relazione queste due capitali, la borghesia. Com’è vetusto questo termine, non se ne sente parlare quasi più, obliato da parole radical chic quali impresa, economia di mercato, globalizzazione e tanto altro. Il coma semantico di questo sostantivo procede di pari passo alla decadenza del concetto che rappresenta, alla progressiva perdita di forza e competitività che questa classe sociale ha subito nell’ultimo trentennio. Non esiste più la borghesia perché non esiste più il borghese, l’uomo industrioso ingegnoso ed alle volte un po’ imbroglione che, per dirla con il popolo, non dorme la notte affinché possa studiare come fregare gli altri di giorno. Tolti i luoghi comuni ironici e un po’ beceri alla borghesia va dato un grosso merito, quello di aver generato il risparmio; il lavoro di una vita d’altronde non poteva essere dilapidato, doveva invece essere accumulato per poi farlo moltiplicare così che i figli potessero vivere nell’agio e tramandare la “roba” di famiglia. Questo sistema criticato, ma non scriteriato, ha consentito alla piccola Italia dei tanti borghesi di resistere alla botta della crisi globale perché nonni e genitori appartenenti a questa classe avevano saputo fare le formiche consentendo oggi ai figli cicale, di fatto non più appartenenti alla classe di chi sa fare impresa, di aggrapparsi al gruzzolo di famiglia per resistere e continuare a navigare, seppure a vista, ma distanti dalle più amare secche della finanza. In una condizione del genere il sistema ha retto e con esso Milano e Napoli, ma adesso il serbatoio sta ultimando le sue riserve e gli pseudo borghesi del terzo millennio, non hanno ne’ gli strumenti e ne’la forza di agire, o come occorrerebbe fare oggi re-agire . Non lavorano 14 ore al giorno sette giorni su sette, non hanno un capitale da investire, ma dei debiti da sottoscrivere, non pagano i dipendenti e quindi sono incapaci di catalizzare consenso e voti, insomma non sono borghesi. In un clima siffatto la gran Milan della Moratti non ha potuto contare su chi riteneva appartenesse alla sua specie, poiché, come dimostrato, la specie non esiste quasi più e a dirla tutta nemmeno la Moratti è poi così borghese come dovrebbe essere, s’atteggia a nobile intellettuale, ma poveretta, quando parla balbetta e diventa rossa. Per quanto riguarda Napoli, i guitti e i cafoni sono fuori controllo, i Patrun’, come li chiamano da quelle parti non esistono più, la monnezza puzza, ma la classe media, non più borghese, poco ne subisce i danni, pare che il vomero sia sempre pulito, insomma la voce della base non arriva al vertice perché il megafono si è rotto, d’altronde Bassolino da Afragola era un guitto e non discendeva nemmeno dalla borghesia cittadina, quanto alla Rosa nostra inutile proseguire e se lo stesso Cirino Pomicino che di inciuci borghesi se ne intende sta a guardare, è chiaro che un De Magistris a caso possa ambire a governare una città calda meravigliosa, popolosa e purtroppo puzzolente come Napoli. Dopo essere stato scaricato nell’ordine: dalla magistratura, perché non sapeva fare le indagini, dall’Italia dei Valori perché non sapeva portare l’acqua al mulino del leader e dall’Unione Europea perché pare abbia difficoltà con la lingua comunitaria, l’inglese? No cari amici l’italiano, ecco che l’ex PM più vituperato d’Italia si appresta a fare il grande salto dall’empireo dei grandi accusatori alla mangiatoia dei neo-accusati. Napoli e Milano due capitali specchio di una intera nazione chiunque vinca ci sarà sempre uno sconfitto ed un assente, lo sconfitto sarà il cittadino, l’assente la borghesia, motore trainante di un mondo che non può che essere capitalista e borghese unici fari di civiltà da più di 1000 anni nella storia dell’occidente e se non ci credete allora domandate ai cinesi.

martedì 17 maggio 2011

Politica gastrointestinale

Dopo un periodo di stasi mistica rieccomi a scrivere, a narrare, a riflettere in prosa delle alterne vicende mie ed altrui. Questi ultimi giorni interamente monopolizzati da una politica ridicola e provinciale sono sfociati nelle elezioni amministrative dove, come al solito, hanno vinto tutti, io intanto tra qualche giorno andrò a fare la gastroscopia e sebbene non vi sia nessun apparente nesso causale tra le due cose in realtà un breve legame c'è, un legame che definirei gastrointestinale. I politici sfornano frasi e progetti con la rapidità e la metodicità di unA FESSERIA al giorno, il mio stomaco brucia una volta al giorno, il mio intestino sforna prodotti di risulta una volta per dì, insomma la mente dei nostri saggi amministratori somiglia al mio sistema gastrointestinale attualmente malato, chissà se gli effetti di una gastroscopia possano sortire i medesimi effetti nei rettori della nostra res-publica così come per il mio apparato digerente.
Amen!

domenica 27 marzo 2011

Cara Europa sei finita

un asse italo-tedesco per la Libia mentre gli anglo-francesi propongono altre soluzioni, mutatis mutandis l'Europa si spacca nei medesimi punti che l'Unione avrebbe dovuto saldare in modo definitivo. Cara Europa hai le ore contate, 20 anni e non sarai altro che inchiostro per i libri di storia.

sabato 19 marzo 2011

Una riflessione sulla Libia

Nel 1911 la Libia fu la chiave di volta che una volta rimossa, dal colonialismo italiano, fece crollare gli equilibri della struttura di potere turco-ottomana generando i prodromi di quella che sarebbe stata la Grade Guerra. Nel 2011 dopo 100 anni ci risiamo sempre la Libia e sempre l'Italia, che dovrebbe iniziare operazioni militari. Il colonialismo non c'è più, ma interessi,e li ne abbiamo tanti, ed il nostro intervento insieme a quello occidentale potrebbero avviare un processo di cui non si conoscono gli effetti ne' a breve ne' a lungo termine.

martedì 15 marzo 2011

Versi risorgimentali

Ritengo doveroso ricordare alcuni concetti in versi inerenti il nostro Risorgimento:

Giosuè Carducci: “Giuseppe Mazzini

Qual da gli aridi scogli erma su ‘l mare

Genova sta, marmoreo gigante,

tal, surto in bassi dì (83) su ‘l fluttuante

secolo, ei grande, austero, immoto appare.



Da quelli scogli (84) onde Colombo infante

nuovi pe ‘l mar vedea mondi spuntare,

egli vide nel ciel crepuscolare

con ‘l cuor di Gracco ed il pensier di Dante



la terza Italia; e con le luci fise

a lei trasse per mezzo un cimitero (85),

e un popol morto dietro a lui si mise.



Esule antico (86), al ciel mite e severo

leva ora il volto che giammai non rise,

“Tu sol – pensando – o ideal (87), sei vero”.

domenica 20 febbraio 2011

Tanell (Gaetanella)

Camnann mminz a via nov',
guard a Tanell ca venn' a cicorij,
ten na facc garz d'o sol,
mminz'e capill nu pizz' d lot.
Frisck cardill che u munn'è addurmut,
d'o litt Tanell s'è appen avezet.
S'o i quatt a matine e pij terrazzn è arruat u mumend di gij nda mezzn.
App'r taggjiol, accogj cardun, frisckann canzun che ni sacc kiù.
E' la che Tanell se sonn' l'ammor,
ma po sarrtrov a taggja sti cicorij.

Traduzione:

Passeggio per la strada e osservo Gaetanella,
ha un volto riarso dal sole,
tra i capelli un pezzo di fango.
Fischia cardellino che il mondo è ancora addormentato,
dal letto Gaetanella si è appena risvegliata.
Sono le quattro del mattino e per i terrazzani è giunto il momento di raggiungere i campi.
Prepara le trappole, raccogli i cardi spinosi cantando canzoni che non si conoscono più.
E' qui che Gaetanella sogna l'amore, ma poi si ritrova a tagliare cicorie.
Perdonate la mia pigrizia, di solito esprimo in prima persona i miei pensieri, ma Severgnini lo ha fatto così bene che mi permetto di postare un suo articolo credo non me ne vorrà http://www.corriere.it/politica/11_febbraio_20/coccarda-severgnini-tricolore_b860150e-3cc3-11e0-b1ac-bc0b2e3568ae.shtml#

lunedì 7 febbraio 2011

4 giugno 2009 Mr Obama preannuncia la fine di Moubarak

La cronaca di queste ultime settimane ci sta raccontando una tragedia politica e sociale che si chiama Egitto, la nazione dei Faraoni e delle piramidi, di Alessandria e del Papiro da ormai quindici giorni è investita da tumulti popolarie e scontri di piazza che hanno generato morte e distruzione. Morte politica, quella di Mubarak e del suo impianto di governo, morte culturale con i saccheggi e le distruzioni presso siti archeologici e museali tra i più importanti al mondo, morte sociale perchè compatrioti si confrontano con la forza per sostenere i propri benaimini politici affollando le piazze a mano armata. La domanda però da porsi è questa, tale tragedia può dirsi annuciata, oppure è esplosa come una polveriera vigilata da incuranti guardiani? L’egitto è una Nazione con più di ottanta milioni di persone di cui il cinquanta per cento vive al di sotto della soglia di sopravvivenza, con un tasso di alfabetizzazione tra i più bassi al mondo ed un clima di costante assedio, il Capo dello Stato in questo paese si fa chiamare Rais, un nome che evoca più il ruolo di un capo banda che non quello di un Presidente della Repubblica, peralto quest’ultimo aveva ultimamente messo in piedi una serie di operazioni politiche finalizzate a farsi succedere dal figlio, quasi che la gestione di un intero Paese potesse ritenersi, al pari di un regno, ereditaria e personalistica. In base a quanto premesso si può senza ombra di smentita ritenere che il germe della rivolta si annidi propio in tutto questo individualismo che ha tanto il sapore della dittatura, ma che l’intera stampa mondilae distratta e attenta alla cronaca piuttosto che all’analisi non ha saputo cogliere. Viviamo in un costante sistema informativo da sottopancia televisivo, le notizie scorrono rapide come sugli schermi al neon di Times Square, nessuno si sofferma più sui dettagli che spesso tanto sottili o silenti poi non sono. Mr. Obama, che l’Egitto sarebbe esploso, lo ha preannunciato in modo esplicito il 4 Giugno 2009 proprio Al Cairo nel discorso tenuto all’Università Al Azhar. Il suo pamphlet fu liquidato rapidamente come un kennedyano dialogo di apertura nei confronti del nuovo nemico millennario chiamato Islam, ma così non è. I messaggi lanciati, in quella circostanza dal Presidente degli Stati Uniti, sono da leggersi in modo nettamente più complesso ed inaspettato. L’apertura ai fratelli Mussulmani che oggi si conclude con la loro partecipazione al tavolo delle trattative per la nascita del nuovo Egitto ha avuto inizio ad Al Azhar con ben quattro citazioni del Sacro Corano nell’alveo di un discorso di quattordici cartelle, il tracollo e l’abbandono del regime di Moubarak, da parte degli USA, ha inizio in quella stessa sede, con frasi che punto a punto preannunciano gli avvenimenti che vedrano la luce un anno e mezzo dopo. Obama parla di necessità del rispetto delle minoranze, e mai più minoranza furono i Fratelli Musulmani messi fuori legge impiccati e torturati, nonchè ragione ultima del continuo stato di emergenza in cui da trent’anni vive l’Egitto. Ancora il Presidente americano evidenzia la necessità di mettere in primo piano gli interessi del popolo, di non approfittare del popolo con politiche inique e non trasparenti, di garantire la libertà di espressione a ogni singolo cittadino, affinchè questi possa esprimere il proprio diritto di sceglire chi dovrà governarlo, secondo il principio del consenso. Rileggere questo messaggio, oggi ci illumina su come l’Amministrazione americana abbia voluto dare, già allora, in tempi non sospetti, alla dirigenza dell’Egitto ed in particolare al suo Rais un messaggio forte così che qualche cosa potesse cambiare, il messaggio purtroppo è rimasto inascoltato ed oggi, senza i veli della diplomazia, senza chiamare in causa le lotte tra civiltà ed il Presidente Johnson mister Obama chiede che la crisi si ricompoga presto. Moubarak ha dimostrato una scarsissima lungimiranza e forse nel 2009 ha peccato di presunzione ritenedo che il discorso obamiano fosse indirizzato unicamente a jihadisti e iraniani, a quegli arretrati dei palestinesi o ad un Iraq in macerie, quel discorso era invece indirizzato ad un paese sospeso l’Egitto ed ai suoi giovani, un paese forse ancora troppo in bilico tra il fanatismo religioso e la voglia di un cambiamento vero. Che la fortuna assista il popolo egiziano e consenta loro di avere una maggior ampiezza di vedute rispetto a quelle dei suoi governanti, in modo tale da poter trovare nel discorso di Mr Obama non solo le motivazioni della rivolta, ma anche il seme vero della democrazia e della pace.

domenica 30 gennaio 2011

Considerazioni della Domenica Mattina.

La percezione della realtà quotidiana trova un grosso ostacolo che rende ai più totalemnte incomprensibili le cose del mondo, tale nemico della conoscenza può definirsi con un solo nome, distanza. La distanza ad un primo approccio può ritenersi una questione meramente fisica, percepibile dai cinque sensi in modo compiuto, in realtà le distanze sono classificabili in modi assolutamente diversi.Per citarne solo alcune si può pensare alle distanze culturali che generano incomprensione, alle distanze religiose che determinano integralismo ed per concludere questa parziale carrellata a distanze ideologiche, le quali portano alla nascita dei conflitti. In sostanza non è scorretto ritenere che i mali di questo mondo possono dirsi tutti strettamente legati ad un vincolo chiamato distanza, abbattimaoquesto muro tendendo una mano ed aprendo la mente forse saremo in grado di vivere in un mondo migliore.

venerdì 14 gennaio 2011

Il giorno della memoria per chi memoria non ne ha

L’Europa contemporanea è stata tragicamente segnata da un cancro devastante chiamato antisemitismo.

Tale malattia seppur presente in secoli pregressi con diverse forme e accenni ha trovato la sua più nefasta espressione nelle dottrine antigiudaiche del Nazionalsocialismo tedesco.
Il movimento politico e di popolo, affermatosi durante gli anni trenta in Germania, nell’arco di un decennio ha prima elaborato e poi reso operative tecniche di distruzione di massa assolutamente impensabili in epoche precedenti, queste furono caratterizzate da una efferatezza tale da aver lasciato una sensazione di ribrezzo in tutti gli osservatori del fenomeno.

La forma di antisemitismo ed odio per il prossimo, perpetrato dal Reich di Hitler, è nata ed ha trovato terreno di coltura in menti malate quali quelle del Fuhrer, Himmler e Goebbels, solo per citarne alcuni, traducendosi poi nelle atroci pratiche delle SS, formalmente deputate a porre in atto quanto teorizzato dai massimi artefici del male assoluto. Inutile sottolineare come indiscusso sia il ruolo di connivenza portato avanti dal popolo tedesco, cieco e sordo di fronte a realtà che gli si palesavano sotto il naso, così come colpevole fu l’ignavia o la collaborazione dei paesi alleati della Germania durante il secondo conflitto mondiale, prima tra tutti l’Italia. In un clima di silenzi colpevoli ed azioni terribili si è consumata la tragedia di sei milioni di donne e uomini che incolpevoli hanno subito le angherie mortali di una concezione malata della politica, della società e dell’economia.

Tra le tante tragedie che la storia ci ha consegnato si ritiene degna di nota quella consumatasi ai danni degli Ebrei italiani di Rodi.
Questi uomini e queste donne, all’epoca dei fatti sudditi del Regno d’Italia, non furono in alcun modo risparmiati dall’immane dramma, trovandosi così nella condizione infelice di dover affrontare la deportazione, la fame e le miserie del campo di concentramento, fino al tragico epilogo della morte consumatosi nelle maniere più disparate e tragiche.

Testimone oculare di ciò è oggi Samuel Modiano, un uomo di grande sensibilità ed umanità che porta in giro il suo bagaglio di testimonianza fatto di dolore e sentimento, di amarezza e fiducia nel futuro.
Modiano oggi è anziano ma non stanco, non rassegnato, nulla lo ha piegato ed oggi leva alta la sua voce affinché il mondo sappia del dolce rapporto con la sorella dell’affetto materno e della grande nostalgia nei confronti di quel padre che fin nei tragici momenti dell’infanzia gli aveva insegnato primo tra tutti il valore della dignità.