lunedì 7 febbraio 2011

4 giugno 2009 Mr Obama preannuncia la fine di Moubarak

La cronaca di queste ultime settimane ci sta raccontando una tragedia politica e sociale che si chiama Egitto, la nazione dei Faraoni e delle piramidi, di Alessandria e del Papiro da ormai quindici giorni è investita da tumulti popolarie e scontri di piazza che hanno generato morte e distruzione. Morte politica, quella di Mubarak e del suo impianto di governo, morte culturale con i saccheggi e le distruzioni presso siti archeologici e museali tra i più importanti al mondo, morte sociale perchè compatrioti si confrontano con la forza per sostenere i propri benaimini politici affollando le piazze a mano armata. La domanda però da porsi è questa, tale tragedia può dirsi annuciata, oppure è esplosa come una polveriera vigilata da incuranti guardiani? L’egitto è una Nazione con più di ottanta milioni di persone di cui il cinquanta per cento vive al di sotto della soglia di sopravvivenza, con un tasso di alfabetizzazione tra i più bassi al mondo ed un clima di costante assedio, il Capo dello Stato in questo paese si fa chiamare Rais, un nome che evoca più il ruolo di un capo banda che non quello di un Presidente della Repubblica, peralto quest’ultimo aveva ultimamente messo in piedi una serie di operazioni politiche finalizzate a farsi succedere dal figlio, quasi che la gestione di un intero Paese potesse ritenersi, al pari di un regno, ereditaria e personalistica. In base a quanto premesso si può senza ombra di smentita ritenere che il germe della rivolta si annidi propio in tutto questo individualismo che ha tanto il sapore della dittatura, ma che l’intera stampa mondilae distratta e attenta alla cronaca piuttosto che all’analisi non ha saputo cogliere. Viviamo in un costante sistema informativo da sottopancia televisivo, le notizie scorrono rapide come sugli schermi al neon di Times Square, nessuno si sofferma più sui dettagli che spesso tanto sottili o silenti poi non sono. Mr. Obama, che l’Egitto sarebbe esploso, lo ha preannunciato in modo esplicito il 4 Giugno 2009 proprio Al Cairo nel discorso tenuto all’Università Al Azhar. Il suo pamphlet fu liquidato rapidamente come un kennedyano dialogo di apertura nei confronti del nuovo nemico millennario chiamato Islam, ma così non è. I messaggi lanciati, in quella circostanza dal Presidente degli Stati Uniti, sono da leggersi in modo nettamente più complesso ed inaspettato. L’apertura ai fratelli Mussulmani che oggi si conclude con la loro partecipazione al tavolo delle trattative per la nascita del nuovo Egitto ha avuto inizio ad Al Azhar con ben quattro citazioni del Sacro Corano nell’alveo di un discorso di quattordici cartelle, il tracollo e l’abbandono del regime di Moubarak, da parte degli USA, ha inizio in quella stessa sede, con frasi che punto a punto preannunciano gli avvenimenti che vedrano la luce un anno e mezzo dopo. Obama parla di necessità del rispetto delle minoranze, e mai più minoranza furono i Fratelli Musulmani messi fuori legge impiccati e torturati, nonchè ragione ultima del continuo stato di emergenza in cui da trent’anni vive l’Egitto. Ancora il Presidente americano evidenzia la necessità di mettere in primo piano gli interessi del popolo, di non approfittare del popolo con politiche inique e non trasparenti, di garantire la libertà di espressione a ogni singolo cittadino, affinchè questi possa esprimere il proprio diritto di sceglire chi dovrà governarlo, secondo il principio del consenso. Rileggere questo messaggio, oggi ci illumina su come l’Amministrazione americana abbia voluto dare, già allora, in tempi non sospetti, alla dirigenza dell’Egitto ed in particolare al suo Rais un messaggio forte così che qualche cosa potesse cambiare, il messaggio purtroppo è rimasto inascoltato ed oggi, senza i veli della diplomazia, senza chiamare in causa le lotte tra civiltà ed il Presidente Johnson mister Obama chiede che la crisi si ricompoga presto. Moubarak ha dimostrato una scarsissima lungimiranza e forse nel 2009 ha peccato di presunzione ritenedo che il discorso obamiano fosse indirizzato unicamente a jihadisti e iraniani, a quegli arretrati dei palestinesi o ad un Iraq in macerie, quel discorso era invece indirizzato ad un paese sospeso l’Egitto ed ai suoi giovani, un paese forse ancora troppo in bilico tra il fanatismo religioso e la voglia di un cambiamento vero. Che la fortuna assista il popolo egiziano e consenta loro di avere una maggior ampiezza di vedute rispetto a quelle dei suoi governanti, in modo tale da poter trovare nel discorso di Mr Obama non solo le motivazioni della rivolta, ma anche il seme vero della democrazia e della pace.

2 commenti:

  1. Quello che è accaduto in Tunisia e in Egitto ci ha liberato da tanti pregiudizi e ci ha dato speranza. Questo post coglie gli aspetti essenziali.

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  2. Caro Francesco spero solo che la speranza non risieda nelle rivolte grande jattura dei popoli

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