domenica 24 gennaio 2010
L'anomalia Liberale
Gli Italiani sovente si domandano perché il Bel Paese sia intriso di anomalie, siano esse politiche, imprenditoriali, economico-sociali ed istituzionali. Sempre i cittadini della bella Italia rimangono poi perplessi quando, osservando la totale assenza di liberalismo all’interno dello Stato non comprendono il perché di tale condizione . La risposta alle perplessità potrebbe, o meglio dovrebbe cercarsi nel DNA della Nazione Italia e nella sua storia. Non si vuole certo dare, a queste poche righe un taglio saggistico, ne’ tantomeno se ne sente il bisogno, tuttavia un po’ di chiarezza e di sana memoria può far bene. L’Italia nasce nel 1861 dopo una serie di guerre di indipendenza, guidate da un piccolo Stato, il Regno Sardo-Piemontese, che vedeva succedersi al trono la meno liberale delle dinastie regnanti allora in Europa. Tale approccio illiberale si rafforzò per tutto il periodo post-risorgimentale con delle politiche egemoniche nel mediterraneo che tuttavia portarono unicamente alla disfatta di Adua. Sempre nell’ambito delle scelte illiberali il Governo di allora scelse una intesa con Austria e Germania che fecero della real-politik e delle teorie geopolitiche il proprio vangelo, per poi con una mossa machiavellica, abbandonare l’intesa alla vigilia della prima guerra mondiale con lo scopo di allearsi agli anglo-francesi a seguito degli accordi segreti di Londra. La storia prosegue con la vittoria mutilata e l’ avversione alla visione wilsoniana del mondo. Ci si rese i portatori del totalitarismo in tutta Europa, si intraprese una politica coloniale quando il colonialismo era al suo crepuscolo, si contrastò inoltre il libero mercato con la terza via corporativa e con il protezionismo autarchico. Il secondo conflitto mondiale fu condotto in modo irresponsabile e suicida sia nell’alleanza con i tedeschi che in quella con gli angloamericani. Con l’avvento della repubblica la situazione non andò certo meglio avendo avuto nell’arco costituzionale il più grande partito comunista dell’occidente e avendo fondato la Costituzione sul valore del lavoro e non sui diritti dell’uomo. Certo non migliorarono la situazione la più grande presenza militare straniera nel vecchio continente, seconda solo alla Germania e negli anni ‘70 ed ’80 del Novecento una delle esperienza terroristiche più durature che la storia abbia mai conosciuto , paragonabile solo al terrorismo Nord-Irlandese ed all’attuale terrorismo islamico. Dopo un travaglio di poco più di un secolo si giunge infine ai giorni nostri, con un sistema politico prima delegittimato e decimato da un organo dello Stato, attraverso le inchieste consegnate alla storia con il nome di tangentopoli, e poi rinato unicamente sul nome di un imprenditore, senza che vi sia al momento un reale clima di costruttivo contraddittorio a causa dell’assenza di una credibile controparte politica. L’excursus fatto fino ad ora, considerando le ovvie omissioni a cui si è andati incontro, fa balzare inequivocabilmente agli occhi come l’Italia sia, per sua stessa natura, impossibilitata ad essere uno Stato liberale, il liberalismo necessita di un corpo sociale ed istituzionale solido e sano, il nostro è un corpo giovane, ma malato, inoltre come si evince dal passato tutte le terapie condotte sono state sbagliate, poiché interamente basate sul principio della conflittualità permanente: colonie, fascismo, guerra, terrorismo, giustizialismo, conflitto di interessi. Sempre e solo lotta, mai ricerca di equilibrio, di un fondamento etico che attraverso l’intervento mediatore e se del caso coercitivo, fatto da parte dello Stato avrebbero potuto dare al sistema Italia, una vita ed una struttura decisamente più normali. Di proposito non si fanno paragoni, soprattutto perché non si ritiene di dover imparare nulla dagli altri Paesi e perché si ha la certezza che non vi sia in Italia una condizione peggiore rispetto ad altre nel mondo, ciò che si vuol dare è innanzitutto una risposta e poi, data la circostanza e l’opportunità, uno stimolo ed un suggerimento alla riflessione non superficiale circa le dinamiche di una Nazione che ha tanto da offrire, ma che deve prima di tutto guarire ed imparare a camminare.
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